Corona Virus. L’Ambiente al tempo del Covid-19
La tragica pandemia COVID-19, dopo oltre due mesi, ha provocato nel nostro Paese migliaia di morti. Numeri che non accennano a diminuire, enunciati tristemente e quotidianamente da freddi e laconici bollettini di guerra: dietro questi numeri vi sono vite spezzate, parenti, amici, colleghi, conoscenti, che sono scomparsi prematuramente e repentinamente senza alcun conforto familiare. Senza l’estremo saluto dei propri cari, unicamente con il sentimento di compassione letto negli occhi di chi, sopra la mascherina, sino all’ultimo si è prodigato per curarli con sacrificio e con la speranza di poterli salvare anche a rischio della propria salute, della propria vita.
Il virus ha modificato radicalmente le abitudini di vita e ristretto le nostre libertà, isolandoci nelle nostre abitazioni, lontani dai nostri affetti. Per moltissimi è cambiato il modo di come e dove svolgere il proprio lavoro. Per gli studenti le modalità di studio, di apprendimento, per i docenti i metodi di insegnamento e valutazione. Abbiamo dovuto imparare a vivere le nostre giornate in modo diverso, cercando di vincere la paura del contagio con quella dei cambiamenti che velocemente abbiamo dovuto accettare, gestire e obtorto collo subire. E alla tragedia sanitaria, abbiamo dovuto fronteggiare quella economica, sociale, psicologica, derivate dalla perdita dei posti di lavoro, dell’assenza dei servizi di prossimità per famiglie, minori, persone sole, anziani, disabili.
La stragrande maggioranza delle popolazioni colpite dal virus Covid-19 hanno dovuto combattere un evento imprevedibile e sconosciuto, scontando poche e fuorvianti informazioni e conoscenze, nonché assenza di strumenti utili per poterlo fronteggiare e contenere. Una tragedia che ha reso tutti impotenti e insicuri, che ha messo a nudo le nostre fragilità, come spesso è accaduto di fronte a eventi naturali straordinari (terremoti, tsunami, uragani, inondazioni), dei quali ci ritroviamo ad essere vittime e spesso parti in causa: nel rapporto tra i nostri comportamenti, l’ambiente e la salute, vi è una correlazione imprescindibile che segna il presente e traccia il nostro futuro, il futuro del pianeta che abitiamo. Non possiamo pensare che le nostre azioni quotidiane siano ‘slegate’ e non producano conseguenze sull’intero ecosistema. Occorre essere consapevoli ora più che mai dei danni che l’inquinamento, la deforestazione, la produzione di allevamenti intensivi causano all’intero pianeta. Occorre essere consapevoli dei danni causati a madre natura con il disboscamento e l’uccisione di intere specie animali, la violenza brutale dei mercati di animali vivi, che in alcuni paesi orientali sono stati la causa dell’attuale pandemia e di chissà quale altra forma di virus attualmente circolante nel mondo. Gli scienziati da tempo hanno lanciato l’allarme circa la propagazione di 200 malattie infettive – la zoonosi – malattie trasmesse dagli animali all’uomo, rese più contagiose dal degrado per via dei traffici illegali di specie e delle baraccopoli suburbane a ridosso di mercati di animali, che segue uno schema noto di propagazione: la deforestazione provoca lo sterminio dei predatori e permette la moltiplicazione delle specie serbatoio che si ritrovano più a contatto con gli abitati.
Lo stop imposto dal virus può essere motivo di riflessione e cambiamento dei nostri stili di vita, non solo attenta osservazione di alcuni fenomeni che si sono sviluppati in questi mesi: il cielo, l’aria, anche quella di Milano, perennemente inquinata, è tornata ad essere respirabile; la fauna marina, in tante aree a ridosso delle città di mare, si è ripopolata, sono ricomparse specie di pesci che da anni, in quei luoghi, non si vedevano; le acque, nei canali e del mare di Venezia sono tornate ad essere limpide e trasparenti, diverse specie animali hanno raggiunto e attraversato città lasciate “libere” dalla presenza e dal passaggio degli “umani”.
Il riscaldamento della terra e le emissioni di CO2 hanno registrato una diminuzione.
Considerazioni, queste, e fatti incontrovertibili che ci inducono ad interrogarci sul modello di sviluppo che vogliamo adottare a partire da adesso, non solo nel “dopo”, nella fase in cui, passata l’emergenza, saremo chiamati a riprendere in mano il nostro destino e le nostre vite, saremo chiamati a decidere quale futuro vogliamo per il nostro pianeta e le future generazioni. E soprattutto quali politiche i nostri governi decideranno di perseguire: nel 2019 il prezzo che l’umanità ha pagato alla crisi climatica è di 4.578 morti e 140 miliardi di dollari di danni; questi i dati riferiti dallo studio condotto da Kramer e Ware, pubblicato nel dicembre dello stesso anno, che ripercorre mese per mese i cataclismi che si sono abbattuti sul nostro pianeta lo scorso anno.
Si tratta di un’ultima chiamata: la terra reclama equilibrio e rispetto, una eco sostenibilità tra uno stile di vita – il nostro – che deve mutare radicalmente e le esigenze del pianeta che ci ospita, l’ambiente che ci circonda, le cui risorse non sono illimitate.
Il riferimento alle risorse primarie, come l’acqua, deve essere tenuto in seria considerazione: l’uso che ne facciamo, le mutazioni climatiche, lo spreco e la necessità a breve di razionare un bene essenziale per la nostra sopravvivenza ci devono allarmare. Non possiamo continuare a volgere lo sguardo altrove, a pensare che non stia accadendo nulla e che le nostre azioni non siano in relazione continua di causa-effetto. Lo scioglimento dei ghiacciai, il surriscaldamento della terra, i cambiamenti climatici e soprattutto l’uso sconsiderato che nei Paesi più industrializzati si fa dell’acqua, ne riducono sempre più la quantità; l’acqua, patrimonio naturale dell’umanità, è un bene da salvaguardare e proteggere, certamente non un bene da cedere o vendere.
Siamo tutti in relazione costante, questo l’insegnamento più grande da trarre da questa pandemia: siamo legati gli uni agli altri a doppio filo, il rispetto che diamo alla terra è ciò che essa ci rende in termini di qualità di vita o meno, di vivibilità, sopravvivenza o morte. Le restrizioni, il dolore e la perdita dell’oggi, servano dunque a riflettere e cambiare rotta riguardo sprechi, comportamenti quotidiani improntati all’etica e al rispetto dell’ambiente e degli animali, nelle abitudini quotidiane di vita e nell’alimentazione; progettando nuovi stili di vita, incentivando il recupero e lo sviluppo delle comunità montane, riorganizzando il lavoro nel rispetto della qualità della vita di tutti, dando un orizzonte che recuperi antichi saperi e stili di vita che non soffochino la dimensione uomo- ambiente, ma amplifichino di nuovo valore la vita di ogni essere vivente.
Eloisa Dacquino Mauro Broi
Sicurezza Ambiente Green economy UIL Milano e Lombardia