Abbiamo studiato il testo della riforma e i suoi possibili effetti. La realtà è che si mettono in discussione le conquiste di tutti quelli che ci hanno preceduto. Con la possibilità per le Regioni di modificare trattamenti e condizioni di lavoro, nella sanità come nell’istruzione, viene messa a repentaglio la contrattazione nazionale che è sempre stata la pietra miliare delle nostre rivendicazioni per garantire tutele economiche e diritti a chi lavora.
Inoltre, sempre con l’autonomia differenziata, sarà più difficile arginare l’invadenza dei contratti pirata firmati da sindacati gialli e associazioni datoriali che non esistono. Specie nel commercio, organizzazioni e sindacati non rappresentative potranno intervenire con gravi conseguenze per i diritti di lavoratrici e lavoratori.
Sui finanziamenti ai LEP, cioè i livelli essenziali di prestazione, ancora non è chiaro sotto quale asticella di prestazioni non sarà possibile scendere. Deciderà, tra ben due anni, una commissione di esperti, probabilmente amici del Governo.
L’autonomia differenziata rischia di spaccare l’Italia. La lotta contro le disuguaglianze e il principio di solidarietà, che sono sempre stati il collante della nostra organizzazione, potrebbero andare per aria. Non possiamo accettare che i diritti costituzionali, come quello all’assistenza sanitaria universale e gratuita, siano applicati in modo diverso a seconda del territorio in cui si vive.
Senza contare poi che mentre a livello globale c’è una competizione economica senza esclusione di colpi, noi decidiamo di affidare alle Regioni le scelte cruciali sulle politiche energetiche. Quindi, non solo le scelte nazionali sono poco chiare, ma lasciamo alle Regioni il potere di decidere come affrontare la transizione climatica.
È ovvio che non potevamo restare in silenzio. E’ necessaria una mobilitazione nazionale per far capire alla persone che sono a rischio le conquiste di tanti anni di Sindacato.